La terra è in fase Hothouse Earth, effetto serra bollente: è l’inizio della nostra fine

Probabilmente non è la fine del pianeta ma è l'avvio di una fine dei suoi abitanti umani

“Il nostro futuro,” – ha scritto lo scienziato James Lovelock , – “è simile a quello dei passeggeri su una piccola imbarcazione da diporto che naviga tranquillamente sopra le cascate del Niagara, non sapendo che i motori stanno per spegnersi.”

“Alla radio ho ascoltato i rapporti di tutto il mondo: ad Atene, in Grecia, un incendio ha ucciso 92 persone ; in Giappone, una brutale ondata di caldo ha  causato la morte di 80 persone. Questa estate, gli incendi sono divampati nel Regno Unito, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Malta, Paesi Bassi, Polonia e Germania. Ci sono persino incendi nell’Artico . Sono state registrate alte temperature in tutto il mondo, inclusa la Death Valley, in California, che ha stabilito il record per il mese più caldo mai registrato sul pianeta, con 21 giorni sopra i 120 gradi. Il nostro mondo è in fiamme.”

Lovelock, ha creato un dispositivo che ha aiutato a rilevare il buco in crescita nello strato di ozono e a far ripartire il movimento ambientale negli anni ’70. Come scienziato, ha introdotto la teoria rivoluzionaria conosciuta come Gaia “l’idea che il nostro intero pianeta sia una specie di super organismo che è, in un certo senso, vivo”. 

Secondo Lovelock, il sistema di autoregolazione della Terra è seriamente in pericolo, grazie soprattutto alla nostra man bassa da 150 anni, di combustibili fossili. “Potremmo considerare seriamente il cambiamento climatico come una risposta del sistema inteso a sbarazzarsi di una specie irritante: noi umani”. 

Lo scienziato non usa mezzi termini sul futuro che stiamo creando per noi ignorando i segnali di pericolo sul nostro pianeta surriscaldato: Secondo Lovelock, lo scalare in progress della catastrofe che ci attende, diventerà presto evidente. Entro il 2020, siccità e altri fenomeni meteorologici estremi, saranno all’ordine del giorno. Entro il 2040, il Sahara si trasferirà in Europa, e Berlino sarà calda come Baghdad. Atlanta finirà in una giungla kudzu. Phoenix diventerà inabitabile, così come parti di Pechino (deserto), Miami (mare in aumento), e Londra (alluvioni). La penuria di cibo, spinge milioni di persone verso nord, sollevando tensioni politiche.

 “I cinesi non hanno nessun posto dove andare se non in Siberia”, dice Lovelock. “Come si sentiranno i russi a riguardo? Temo che la guerra tra Russia e Cina sia probabilmente inevitabile. Con le difficoltà e le migrazioni di massa, arriveranno epidemie, che probabilmente uccideranno milioni di persone.” Nel 2100, secondo Lovelock, la popolazione della Terra subirà un abbattimento da 6,6 miliardi di oggi a 500 milioni.

James Lovelock

Un nuovo documento pubblicato la scorsa settimana agli atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze intitolato “Traiettorie del sistema terrestre nell’Antropocentrismo” è giunto più o meno alla stessa conclusione, anche se è stato affermato in termini scientifici più generali. 

Il documento, che è stato ampiamente trattato  da USA Today e da Al Jazeera, ha proiettato una visione molto simile a quella di  Lovelock del nostro mondo, sostenendo che anche se siamo riusciti a raggiungere gli obiettivi di emissioni di carbonio stabiliti dall’Accordo sul clima di Parigi, potremmo comunque scatenare una serie di cicli di feedback accelerati del sistema climatico che porterebbero il clima in uno stato di serra permanente, con un riscaldamento di quattro, cinque o anche sei gradi Celsius. Se ciò dovesse accadere: “Hothouse Earth (effetto serra bollente), rischia di essere un fenomeno incontrollabile e pericoloso per molti, con gravi rischi per la salute, le economie, la stabilità politica e in definitiva, l’abitabilità del pianeta per gli esseri umani.”

L’idea che il sistema climatico della Terra abbia determinati punti di non ritorno, o soglie estreme, non è una novità. Piccoli cambiamenti nella temperatura dell’Oceano Antartico, ad esempio, potrebbero avere grandi implicazioni per la calotta glaciale dell’Antartide occidentale, portando a un collasso della scogliera di ghiaccio che potrebbe innalzare i livelli del mare di 3 metri o più in un lasso di tempo molto breve geologicamente parlando. Richard Alley, un glaciologo di Penn State, ha descritto il clima della Terra, come un sistema estremamente complesso che, basato su piccole forze che sono ancora solo vagamente comprese, tende a barcollare da uno stato stazionario a un altro. – “Possiamo immaginare di  pensare al clima come un ubriaco”, – ha scritto Alley nel suo grande libro The Two Mile Time Machine: Ice Cores, Abrupt Climate Change e Our Future, che è stato pubblicato per la prima volta nel 2000. “Se lasciato solo, si siede; quando è costretto a muoversi, barcolla”.

La vera minaccia del cambiamento climatico non è una scivolata lenta in un mondo più caldo ma è un cambiamento veloce in un clima radicalmente diverso. Quanto velocemente questo cambiamento potrebbe accadere e quanto radicalmente diverso possa essere, nessuno può dirlo con certezza. Ma nel continuare a scaricare nell’atmosfera i combustibili fossili a un ritmo sempre crescente, ne pagheremo le conseguenze.

Il documento di Hothouse Earth sottolinea ancora una volta, che la lotta ai cambiamenti climatici non è solo una questione di riduzione dell’inquinamento da carbonio in futuro,  pur sempre importante. Si tratta di rendere attiva la gestione del pianeta in un modo più olistico. Dobbiamo comunque rinunciare all’idea che esista una “soluzione” per il cambiamento climatico e accettare l’idea che stiamo vivendo in un mondo in rapida evoluzione. Come progetteremo sistemi di acqua potabile per far fronte a questo? Come gestiremo le foreste? In che modo le città costiere si adatteranno o si ritireranno in modo intelligente ad un rapido aumento dei mari?

Preoccupano inoltre, i punti di non ritorno biologici. Richard Alley glaciologo ha una sua tesi: –“Se il livello di ossigeno negli oceani cala un pò, potrebbe avere un impatto grande e immediato sulla vita marina”, dice Alley. “Un incendio in Brasile, potrebbe portare alla sostituzione della foresta pluviale con la savana, che avrebbe conseguenze di ogni genere per la diversità biologica, oltre che per l’assorbimento del carbonio. Inoltre, sappiamo con estrema sicurezza che la progressiva disintegrazione delle calotte glaciali, sono difficili da invertire dopo che hanno raggiunto livelli critici di riscaldamento. Siamo giunti ad un punto di non ritorno, questo è l’inizio della fine!”

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