Il fallimento di Cop 27, anche questa volta non è stato trovato nessun accordo sulle emissioni

La COP27 svoltasi in Egitto non ha portato a nessun accordo per accelerare la transizione energetica nonostante le richieste dell’Unione Europea.

I pessimisti dicevano che dalla riunione della COP27 – la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici andata in scena dal 6 al 18 novembre a Sharm El-Sheikh – non ci si poteva attendere nulla di buono soprattutto a causa della crisi energetica globale causata dalla guerra in Ucraina. I pessimisti, in particolare, sostenevano che non sarebbe stato possibile arrivare ad un’ulteriore “stretta” sul taglio delle emissioni climalteranti.

E sempre i pessimisti prevedevano che i rappresentanti dell’Unione Europea, ovvero il continente più avanzato lungo la strada della transizione energetica che porta all’obiettivo dell’impatto zero sul clima, in Egitto avrebbero fatto la voce grossa sulla necessità di accelerare il processo, venendo però sostanzialmente inascoltati.

Perché abbiamo parlato così tanto dei pessimisti? Perché purtroppo avevano ragione loro… Infatti, archiviata la 27ͣ edizione della COP, non soltanto è impossibile parlare di un vertice fondamentale nella lotta al cambiamento climatico, ma è davvero difficile cercare di vedere il classico bicchiere almeno mezzo pieno.

A sintetizzare il sentiment dei partecipanti europei c’è stato il duro comunicato del Vicepresidente della Commissione UE, Frans Timmermans: “Quello che abbiamo di fronte non rappresenta un passo avanti sufficiente per le persone e per il pianeta. Non aggiunge abbastanza sforzi da parte dei principali soggetti emettitori per aumentare e accelerare i tagli alle emissioni nocive. Abbiamo tutti fallito nelle azioni per evitare e minimizzare le perdite e i danni. Insomma, avremmo dovuto fare molto di più”.

Lo stesso Timmermans ha parlato delle dinamiche che hanno caratterizzato il vertice di Sharm: “Noi abbiamo cercato di focalizzare tutti sul limite di 1,5 gradi dell’innalzamento climatico, sul picco delle emissioni al 2025 e sulla necessità di eliminare con la maggiore rapidità possibile i combustibili fossili. Tanti Paesi si sono detti d’accordo con noi, ma tristemente di questi obiettivi c’è poca traccia nel documento finale del vertice”.

In effetti il documento sottoscritto dai partecipanti alla conferenza non contiene significativi passi avanti rispetto a quanto stabilito nella precedente edizione, la COP26 svoltasi l’anno scorso a Glasgow. 

La COP27 ha specificato che per riuscire a mantenere l’obiettivo di 1,5 gradi è necessario arrivare nel 2030 a una riduzione delle emissioni del 43% rispetto al 2019. Ma con gli attuali ritmi e impegni di decarbonizzazione il taglio di emissioni sarebbe enormemente inferiore. Da qui l’invito agli Stati che non hanno ancora aggiornato i loro obiettivi di decarbonizzazione ad agire in tal senso entro il 2023.

Per il resto, in Egitto non si è andati oltre i buoni propositi. Il che ha significato sottolineare l’importanza della transizione alle fonti rinnovabili, auspicare l’eliminazione di ogni forma di sussidio alle fonti fossili, chiedere la riduzione e non l’eliminazione della produzione elettrica dalla combustione di carbone con emissioni non abbattute. Nessun riferimento, invece, sulla riduzione o eliminazione del ricorso ai combustibili fossili, come invano richiesto dall’Unione Europea.

Unica nota positiva è la creazione di un fondo economico per i danni provocati dal cambiamento climatico

la COP27 ha partorito una novità importante, seppur non direttamente collegata al taglio delle emissioni nocive. Si tratta dell’accordo che per la prima volta prevede la creazione di un fondo economico, denominato Loss & Damage, destinato ai ristori delle perdite e dei danni provocati dal cambiamento climatico nei Paesi più vulnerabili. Prevista, inoltre, l’istituzione di un sistema globale di primo allarme per gli eventi meteorologici estremi.

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