Estratto da una tesi di laurea: testimonianze shock di addestratori che hanno lavorato nel circo

Quello che pubblichiamo, fa parte di un estratto da una tesi di laurea sul maltrattamento degli animali nei circhi, superata brillantemente da una ragazza di nome Sabrina.

La detenzione degli animali nei circhi costituisce un atto di crudeltà. Lo ha capito la Bolivia nel 2009 che ha deciso di abolire ogni tipo di spettacolo circense con l’uso degli animali. E in Italia? Solo l’11% degli italiani è a favore del circo con gli animali ma questa orribile e retrograda realtà che fa divertire chi vede un animale umiliato mentre compie delle “pagliacciate” continua ad essere consentita in tutta la penisola.  Il 4 luglio è morto uno dei domatori di tigri più noti d’Italia, Ettore Weber. Non gioiamo di certo per la morte di un essere umano ma ci chiediamo: 

Sarà stato un caso?

Sabrina, una laureanda in Interpretariato e Traduzione nella sua tesi di laurea ha raccolto alcune testimonianze raccontate dai domatori del circo nelle loro interviste. Basterebbe leggere solo la prima per capire che questo tipo di spettacoli deve essere interrotto immediatamente ma per onor del vero abbiamo riportato per intero i commenti shock dei domatori citati nella tesi. Leggi e fatti un’idea:

Jean Richard, domatore francese:

“Con i leoni ho trovato una sola soluzione: buttargli uno sgabello addosso, dritto sul muso” – e ancora a proposito di elefanti: “Afferro una sbarra di metallo ed inizio a bastonare gli elefanti sulla testa con tutta la mia forza”.

Alfred Court, domatore francese:

“Restavo solo con le tigri e le punivo in modo che esse non avrebbero dimenticato. È il gioco del domatore di leoni. Egli fa agire il leone sotto la costante minaccia della morte e lo ricorda al leone con migliaia di punzecchiature, ferite e frustate. Il leone ruggisce per protesta, ma va avanti con l’esercizio, perché non vuole morire”.

Alfred Court, descrive così la sua “azione educativa”:

“Ruppi tutti i bastoni che avevo lasciato nella gabbia sulla testa di Bengali. Le frustate cadevano a valanga, tagliando a fondo la lucida pelle della tigre. Lanciai uno sgabello di legno e acciaio, che pesava otto libbre buone, contro Artis, colpendolo nella parte posteriore. L’animale diede un terribile ruggito, un grido di dolore, ma non andò lontano: lo sgabello lo aveva colpito più forte di quanto io volessi, spezzandogli le zampe.”

Liana Orfei:

“La belva si avvicina allo sgabello fin quando, sempre inseguendo la carne, è costretta a salirvi sopra. La belva va giù? Il domatore le dà la frustatina” e sulle foche: “Le foche possono essere addestrate solo per fame e non si possono picchiare perché la loro pelle, essendo bagnata, è delicatissima”.. La frusta o il bastone portati in pista, servono a mantenere gli animali sotto uno continuo stato di paura e di minaccia, ricordandogli le percosse dell’addestramento.

Hans Falk, ex lavoratore del circo Knie,

a proposito dell’addestramento di una giovane elefantessa: “Si iniziò con una sorta di esercizio di equilibrio, sopra un asse rigido tenuto a circa 50 cm da terra. Ma l’elefantessa, impaurita, si rifiutò. Allora sia l’addestratore che Louis Knie persero la pazienza e ricorsero ad un’asta metallica portante all’apice un uncino, il quale fu spinto e poi tirato sull’elefantessa. Si cercava di far svolgere l’esercizio in maniera corretta nel più breve tempo possibile, ma l’elefante rimaneva incapace di eseguirlo. Era giunto il momento di iniziare un piccolo inferno sulla pista. Il domatore iniziava a colpire l’elefante sulle zampe fino al sanguinamento”.

Tom Rider,

che ha lavorato nel circo Ringling Brothers Barnum & Bailey, in altri circhi negli USA e in Europa come inserviente addetto agli elefanti, dichiara: “Ho visto picchiare gli elefanti, prendere a pugni i cavalli, le tigri frustate e prese a bastonate. Ho visto elefanti legati alle catene per 22 ore al giorno, e tigri tenute in piccolissime gabbie.”

Paride Orfei

ha dichiarato sul Corriere della Sera del 3 aprile 1993: “Durante l’addestramento gli animali vengono “addomesticati” con scariche di corrente, per non parlare dei forconi e degli uncini usati per far fermare gli elefanti […]. I metodi crudeli vengono utilizzati dall’addestratore proprio per far capire all’animale chi comanda, cosa impossibile con un semplice premio a fine esercizio.” Precisa inoltre che questi metodi non vengono utilizzati solo da domatori particolarmente violenti, ma rappresentano la normalità.

Un addestratore:

“La prima cosa che gli scimpanzé devono imparare è che l’uomo è il padrone assoluto. Nessuno scimpanzé, all’inizio, sopporta di essere vestito. Solo la più severa disciplina e le punizioni lo porteranno alla sottomissione e alla perfetta obbedienza.”

Il signor Munslow,

ex dipendente di un grande circo internazionale, racconta cosa è successo dopo che un babbuino ha morso il suo addestratore: “Gli hanno strappato i denti con una pinza, senza anestesia. Le urla di dolore e l’impossibilità di mangiare durarono diversi giorni e la “lezione” servì perfettamente allo scopo.”

M. H. Haynes, un ammaestratore:

Per far sorridere il simpatico pony che risponde alle battute del domatore basta pungerlo sul muso con uno spillone ed il cavallo impara così che quando gli viene dato il segnale deve sollevare il labbro superiore e mostrare i denti.”

Egmar Osterberg,

che ha lavorato per trent’anni nei circhi, afferma: “Nella gabbia un leone non può nemmeno girarsi. Tutte le bestie, senza eccezione, tremano per il freddo sei mesi all’anno. Le foche vivono quasi sempre senz’acqua e per le giraffe non esistono carri abbastanza alti. D’inverno le bestie non hanno quasi mai paglia a sufficienza e restano prigioniere del ghiaccio, che ogni mattina deve essere rimosso. Durante i trasporti gli animali si riempiono di piaghe procurate dalle catene e dalla sporcizia.”

La tesi per intero

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