Caldo eccessivo e allevamenti intensivi: le strutture sono come un forno che provoca la morte di molti animali

Il caldo eccessivo e le condizioni di sofferenza degli animali negli allevamenti sono due problematiche interconnesse che riguardano il benessere degli animali e l'agricoltura intensiva

Il cambiamento climatico sta portando a un aumento delle temperature globali, con conseguenti ondate di caldo estremo in molte regioni d’Italia e del mondo. In questi giorni il caldo africano ha raggiunto valori record e in alcune città il termometro ha toccato i 38 gradi ad Alessandria ad esempio, nella giornata di ieri il termometro dell’ARPA segnava addirittura 39 gradi.

In questo scenario, gli allevamenti intensivi, possono causare gravi problemi di benessere negli animali.

Le condizioni di caldo eccessivo possono portare gli animali a:

  • Stress termico: gli animali non sono in grado di raffreddarsi adeguatamente, causando stress, agitazione e disidratazione.
  • Riduzione dell’appetito: il caldo può ridurre l’appetito degli animali, portando a una diminuzione della crescita e della produzione.
  • Malattie e infezioni: l’ambiente caldo e umido favorisce la proliferazione di parassiti e patogeni, aumentando il rischio di malattie negli animali.
  • Aumento della mortalità: il caldo estremo può causare morte improvvisa negli animali, specialmente nelle specie più vulnerabili.

Negli allevamenti intensivi, gli animali sono spesso confinati in spazi ristretti e sovraffollati, con poco o nessun accesso all’ambiente esterno. Questi tipi di costrizioni, possono causare una serie di problemi psico-fisici negli animali. Spesso costretti a vivere in spazi ristretti, senza spazio sufficiente per muoversi o esprimere i loro comportamenti naturali. Già da solo questo stile di vita basterebbe per dire che gli animali patiscono passivamente una prigionia che non è di certo gradevole. 

Massima produzione di latte anche se fa tanto caldo

 Le pratiche di allevamento mirano a massimizzare la crescita e la produzione, ma questo può portare a una nutrizione inadeguata e alla mancanza di acqua fresca per gli animali. L’ambiente sovraffollato e insalubre, facilita inoltre la diffusione di malattie tra gli animali, spesso richiedendo l’uso diffuso di grandi quantità di antibiotici, il che può portare a problemi di resistenza agli antibiotici nell’uomo.

Queste problematiche hanno sollevato preoccupazioni etiche riguardanti il trattamento degli animali negli allevamenti intensivi e hanno portato molti consumatori a cercare alternative più etiche e sostenibili nella produzione di cibo, come il passaggio alla coltivazione e alla produzione di frutta, verdura e cereali.

Coltivare frutta, verdura e cereali rispetto all’allevamento intensivo generalmente richiede meno acqua. La catena alimentare è più breve, in quanto gli esseri umani consumano direttamente le piante, mentre nell’allevamento intensivo il cibo viene prima dato agli animali e poi questi animali diventano fonte di cibo per gli esseri umani. Ogni passaggio nella catena alimentare richiede una quantità maggiore di acqua per la produzione di calorie o proteine. Le piante possono produrre più calorie e proteine per ettaro rispetto agli animali. Quindi, la coltivazione di colture vegetali può essere più efficiente in termini di utilizzo dell’acqua rispetto alla produzione di carne.

Tuttavia, la gran parte degli allevatori non sono propensi al cambiamento. Il disegno di legge sul divieto per l’Italia di produrre, importare ed esportare, carne coltivata erroneamente definita “sintetica” e che ora passerà alla Camera, non aiuterà a risolvere il problema della sofferenza animale. La decisione bloccherà tutte le start up che nel resto del mondo hanno già fatturato oltre un miliardo di euro e non consentirà agli animali ad aggrapparsi all’ultima speranza che avrebbe potuto mettere la parola fine a così tanta sofferenza.

 
 
 

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