Umbria, la fase 2 si apre con un Far West sui cinghiali: anche gli agricoltori possono sparare agli animali

Gli agricoltori, potranno uccidere i cinghiali se questi entreranno nel loro terreno.

In Umbria la fase due inizia con un “potete sparare in tanti”. Imbracciare la doppietta, da oggi diventa una necessità. Si perchè chi ha la licenza di caccia, agricoltori compresi, può colpire qualsiasi cinghiale gli capiti a tiro, anche nel proprio terreno, cuccioli compresi. Il perchè è sempre lo stesso: i cinghiali sono troppi. 

Con una mail certificata all’Atc1, la Regione in accordo con il prefetto di Perugia, ha dato il via libera, definendo i criteri per riprendere gli interventi urgenti di controllo del cinghiale, come richiesto degli agricoltori che lamentano danni alle coltivazioni. E specifica che il tutto è “ovviamente, nel rispetto di tutte le normative igienico-sanitarie vigenti per limitare al massimo il rischio contagio da Coronavirus”. Quindi uccidere si, ma con le dovute distanze e muniti di mascherina. Verrebbe quasi da ridere se non ci fosse da piangere.

L’agricoltore potrà intervenire direttamente, se munito di licenza di caccia, trascorse 4 ore dalla richiesta di intervento all’Atc di competenza.

Sebbene come è noto, i cinghiali siano stati introdotti in Italia in modo fraudolento proprio dai cacciatori, i poveri animali devono ancora una volta pagare con la vita, un errore che ancora oggi non viene gestito in modo etico. Eppure secondo la LAV, Le recinzioni, dove sono state messe, hanno risolto il 90% del problema. Inoltre colpire uno o più cinghiali, disgrega i gruppi consolidati e contribuisce ad aumentare la fertilità della specie.

Le femmine dominanti, si riproducono in natura una sola volta l’anno, grazie alla sincronizzazione dell’estro, condizionano anche nelle altre femmine del branco in questo modo tutte le femmine avranno un solo estro. Ma, si sa, l’istinto degli animali ha come fine quello della riproduzione e così la persecuzione venatoria, messa in atto contro gli ungulati, determinano il totale sfasamento del branco. Le femmine finiscono per andare in estro più volte l’anno ed anche in età meno adulta e spesso i parti diventano plurigemellari. Insomma, dove l’uomo cerca di distruggere i branchi, l’istinto di conservazione ne modifica la struttura, rendendoli più prolifici a dispetto dei proiettili.

La caccia ai cinghiali avrebbe dovuto iniziare ad ottobre

Un via libera contraddittorio che arriva a pochi giorni dalla preadozione, da parte della Giunta regionale, del nuovo Calendario venatorio, che prevede lo spostamento a novembre della caccia al cinghiale, con attività di selezione a ottobre.
 
Una decisione che ha avuto effetto a causa delle pressioni di Cia dell’Umbria (Conferenza italiana agricoltori) che ha lanciato l’allarme: due mesi di stop dell’attività venatoria e degli abbattimenti controllati, causa emergenza Covid, hanno portato ad un aumento del numero dei cinghiali. “Liberi – scrive l’associazione – di danneggiare terreni e colture nelle aree rurali, ma anche di passeggiare indisturbati in strade e luoghi urbani, aumentando il rischio di incidenti con l’avvio della Fase 2“.
 
Tuttavia, lo capisce anche un bambino, i cinghiali sono stati visti nelle strade proprio perché le stesse erano deserte e senza pericoli. Ovvio che non sarà così da oggi 4 maggio ma tant’è!
 

Non chiediamo – afferma Matteo Bartolini, presidente Cia Umbria  – contrariamente a quanto pensano gli animalisti, lo sterminio dei cinghiali ma un giusto equilibrio tra chi da sempre è vissuto in queste aree avendo la possibilità di lavorare e produrre cibo. Oggi questo equilibrio è totalmente saltato e non solo a causa dei cinghiali. Anche i caprioli, che si alimentano dei germogli delle coltivazioni arboree, sono un problema.” 

L’affermazione lascia intravedere un pericolo anche per i caprioli che se capitassero a tiro, avrebbero poche speranze di potersi salvare. In Umbria praticamente, con la fase 2 si è dato il via libera a molte attività, tra queste il Far West verso gli animali.

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