Scoppiato focolaio covid in allevamento di visoni ormai chiuso, associazioni: che fine ha fatto il decreto?

Le associazioni sollecitano l'attuazione del decreto. I visoni da due anni attendono rinchiusi nelle minuscole gabbie che si compia il loro destino.

E’ stato reso noto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale il terzo focolaio italiano di SARS-CoV-2 all’interno di un allevamento di visoni, situato nel comune di Galeata (Forlì-Cesena), ormai chiuso a seguito del divieto di allevamento entrato in vigore il primo di gennaio 2022.
 
Nonostante tale divieto, ad oggi non è stato emanato il Decreto del Ministro delle Politiche Agricole, di concerto con i Ministri della Salute e della Transizione Ecologica recante “Criteri e modalità di corresponsione dell’indennizzo a favore dei titolari degli allevamenti di visoni, volpi, cani procione, cincillà e di animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia, nonché la disciplina delle cessioni e della detenzione dei suddetti animali”, con scadenza 31 gennaio 2022.
 
Le associazioni Essere Animali, Humane Society international/Europe e LAV, lanciano un appello al Ministro dell’Agricoltura e della Sicurezza Alimentare Francesco Lollobrigida e richiamano all’attenzione la necessità di vietare allevamento e commercio di pellicce in tutte l’Unione Europea, tramite l’Iniziativa dei Cittadini Europei #FurFreeEurope.
 
“Da gennaio attendiamo il decreto interministeriale per avviare lo svuotamento degli ultimi 5 allevamenti dove ancora sono stabulati e ammassati, in minuscole gabbie, più di 5.000 visoni come i 1.523 presenti a Galeata che, ora, rischiano l’abbattimento. È evidente come l’inazione dei Ministeri competenti stia continuando a rappresentare un rischio per la salute pubblica e continui ad ignorare i principi più basilari di benessere animale. Chiediamo al Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida di intervenire con urgenza dando concreta attuazione a quanto sancito con la legge di bilancio 2022 e consentire quindi il trasferimento di almeno alcuni dei visoni ancora rinchiusi nelle gabbie degli allevamenti intensivi” – dichiarano le associazioni Essere Animali, Humane Society international/Europe, LAV.
 
In Italia si sono già verificati 2 focolai di coronavirus in allevamenti di visoni per la produzione di pellicce, ad agosto 2020 a Capralba (Cremona) e gennaio 2021 a Villa del Conte (Padova). Nel mese di novembre, nell’ambito dello screening diagnostico obbligatorio finalizzato a intercettare l’eventuale introduzione del coronavirus SARS-CoV-2 in allevamenti di visoni (screening disposto dall’ex-Ministro della Salute Roberto Speranza a dicembre 2020) e che consiste nella effettuazione di 60 tamponi ogni 15 giorni in ogni allevamento a prescindere dalla numerosità dei visoni presenti, sono stati individuati 2 visoni positivi alla infezione da coronavirus in un terzo allevamento, a Galeata (FC).
 
Dalla pubblicazione risalente al 24 novembre, sul database online del dall’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale, risulta che sono stati sottoposti a tampone (real-time PCR) per la manifestazione di segni clinici compatibili con l’infezione. Sebbene sia stato segnalato il decesso di un visone, non è chiaro se i restanti animali siano stati abbattuti o se altri siano morti a causa dell’infezione.
L’allevamento in questione è quello sito nel territorio del comune di Galeata (FC) e, insieme agli altri allevamenti di Ravenna frazione San Marco (640 visoni), Capergnanica (Cremona, 1.180 visoni), Calvagese della Rivera (Brescia, 1.800 visoni), e Castel di Sangro (L’Aquila, 18 visoni), è una delle ultime strutture in Italia dove ancora migliaia di visoni “riproduttori” sono rinchiusi nelle gabbie.
 
Questi animali sarebbero stati utilizzati per l’avvio di un nuovo ciclo produttivo nel 2021, ma, in seguito al temporaneo divieto alla riproduzione disposto e prorogato dall’allora Ministro della Salute come misura anti-Covid essendo questi allevamenti riconosciuti come potenziali serbatoi del coronavirus. Successivamente è stato sancito il divieto permanente all’allevamento di visoni e ogni altro animale per la produzione di pellicce approvato in via definitiva con specifico emendamento alla legge di Bilancio 2022, L.234 del 30 dicembre 2021. 
 
Tuttavia i visoni sono rimasti in una sorta di limbo non potendo essere uccisi per finalità commerciali (l’ottenimento della pelliccia) o per esigenze di salute pubblica (in assenza di conclamata infezione da coronavirus) e non potendo essere liberati in natura (in quanto predatori non autoctoni e potenziali reservoir del virus pandemico).
 
Secondo le disposizioni della Legge 234/2021 che ha bandito gli allevamenti di animali destinati alla produzione di pellicce, il Ministro dell’Agricoltura avrebbe dovuto disciplinare, mediante decreto, le modalità di indennizzo per gli allevatori di visoni e l’eventuale cessione di questi animali a strutture gestite direttamente o in collaborazione con associazioni animaliste. Se il Decreto fosse stato adottato nei tempi previsti, fine gennaio, probabilmente, almeno parte dei visoni all’epoca presenti negli allevamenti in dismissione, avrebbero potuto essere accasati in altre strutture diminuendo così la densità di popolazione e, di conseguenza, l’assembramento di animali particolarmente suscettibili all’infezione da coronavirus SARS-CoV-2.
 
 Questo grave ritardo nella gestione degli oltre 5.000 visoni ancora presenti negli allevamenti chiusi non costituisce solo un problema di benessere animale (bisogna considerare che, di fatto, questi visoni sono rinchiusi nelle stesse gabbie di pochi centimetri quadrati da ormai almeno 2 anni, e probabilmente anche 3 o 4 anni trattandosi di animali “riproduttori”), ma rappresenta un oggettivo potenziale pericolo anche per la salute pubblica. La catena di contagio uomo-visone-uomo (con un salto di specie di ritorno e con un virus mutato) è stata ampiamente documentata sin dai primi casi segnalati in Olanda a maggio 2020 (Report “Fashion Spillover”, feb.2021).
 
“Per evitare il rischio di formazione di nuovi focolai di coronavirus in allevamenti di visoni europei, e per risparmiare la vita di milioni di animali sfruttati solo per il valore della loro pelliccia, invitiamo chi ancora non lo avesse fatto a sostenere, con una firma, la petizione di Iniziativa dei Cittadini Europei “Fur Free Europe” con la quale stiamo chiedendo alla Commissione Europea di vietare in tutta l’UE gli allevamenti di animali destinati alla produzione di pellicce e il commercio, compreso l’import, di prodotti di pellicceria. Entro maggio 2023 dobbiamo raggiungere 1 milione di firme in tutta l’UE, ad oggi già oltre 600.000 europei hanno dato il proprio consenso” – concludono le associazioni Essere Animali, Humane Society international/Europe, LAV.

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