Problema randagismo, le associazioni in un meeting a Palermo hanno proposto delle soluzioni

Sabato 7 maggio si è tenuta a Palermo la prima tavola rotonda tra associazioni, politica e tecnici al fine di affrontare e trovare soluzioni condivise per risolvere il fenomeno del randagismo.

Sono passati 31 anni dalla legge di riferimento sul tema, la 281 del 1991. La società è profondamente cambiata, la sensibilità nei confronti degli animali, così come il rapporto uomo-animale è mutato radicalmente. Per questo motivo non è pensabile modificare una legge ormai sorpassata, occorre cambiare prospettiva e avanzare nuove proposte cambiando un paradigma di base: gli animali non considerati più come un peso, ma come una risorsa per la comunità.

In una società sempre più anziana è importante sviluppare strategie che portino ad una maggiore autonomia e qualità della vita della terza età: i cani dunque diventano un motivo di maggiore motricità da parte di soggetti sedentari, un impegno anzitutto mentale che rallenta il decadimento delle funzioni cognitive. Insomma, chi ha un cane più difficilmente finisce in una RSA.

Questo solo uno degli aspetti innovativi che sono stati affrontati, il cambio di passo nel rapporto tra politica, tecnici e le associazioni è emerso ed è stato cristallizzato dall’entusiastica risposta di tutti i partecipanti alla proposta dell’On. Maturi di istituire un tavolo permanente dove permettere un confronto costruttivo alle diverse anime per addivenire ad un pacchetto di proposte condivise per fronteggiare il randagismo.

«Per prima cosa devo chiedere scusa alle associazioni perché vengono chiamate molte volte a fare ciò che la politica non fa – spiega Filippo Maturi, presidente dell’intergruppo parlamentare sulla tutela degli ecosistemi e della biodiversità –. Io ho iniziato a occuparmi di randagismo due anni fa quando Salvini ha voluto creare un dipartimento che si occupasse del benessere animale. La nostra battaglia contro il randagismo unisce il senso di legame con gli animali e la legalità, perché ci sono ancora troppe persone che fanno i soldi sulla pelle degli indifesi. In questi due anni sono entrato in molti canili, alcuni sono delle belle realtà gestite con il cuore, ma ci sono anche molti canili lager che sono delle realtà inaccettabili per uno Stato, per un popolo che si vuole definire civile. In questo mio viaggio ho capito che i canili possono essere una risorsa per gli amministratori comunali per capire quali sono le caratteristiche della propria comunità e soprattutto le malattie sociali di quella comunità. Ho avuto modo di capire che nei canili delle diverse territorialità ci sono diversi tipi di cane per diversi motivi: per esempio nelle zone del tartufo, come Marche e Umbria, non manca mai il Lagotto. Nelle Regioni dove è presente una tradizione venatoria non mancano i cani da caccia».

«Allo stesso modo ho avuto modo di vedere come sempre più spesso in canile vengono portati i cani anziani perché i proprietari non vogliono occuparsene o non vogliono vederli morire a casa. Credo che anche questo sia un allarme sociale da non sottovalutare. Tornando al randagismo è chiaro che la sterilizzazione è la via maestra per contenere questo fenomeno, ma bisogna cercare di capire come farla. Sto interloquendo con alcune amministrazioni, per esempio, affinché dedichino dei fondi per procedere alla sterilizzazione anche dei cani dei privati che non se lo possono permettere. Perché è giusto ricordare che il randagismo è un costo per la comunità che a oggi è stimato in 80 milioni di euro all’anno, risorse che non vengono investiti in sociale, in manutenzione e innovazione delle città perché destinati a contenere il fenomeno del randagismo finendo per far guadagnare gli “amici degli amici”».

“Il randagismo? Occorre capire che il cane è una risorsa” – così la Presidente dell’Enpa Carla Rocchi«fino al ’91 il problema del randagismo veniva gestito con la soppressione degli animali. Da lì in poi, con la legge 281, si è iniziato a pensare a una soluzione. Ma dopo 30 anni bisogna cambiare l’ottica: una volta il randagismo veniva considerato come un problema a se stante – continua la Presidente Carla Rocchi – . Oggi il randagismo è un grave danno sociale. Il cane deve essere visto come una risorsa. A partire dal vantaggio economico che l’animale porta: quello legato ai pet è l’unico comparto che è in continua crescita, genera posti di lavoro.  Il secondo è legato al benessere che porta in famiglia: i bambini beneficiano nel crescere con un animale, gli anziani si sentono meno soli. Lo Stato ha una risorsa che non ha ancora capito come impiegare. Noi siamo di fronte a una risoluzione-risorsa perché gli animali sono una forma di cura. L’animale, inoltre, può essere indicatore di una violenza possibile: un cane che soffre, che subisce violenze ci dice che in quella casa c’è una potenziale quanto reale fonte di violenza. Occuparsi del randagismo non vuol dire avere pietà per i poveri animali, ma capire che sono una risorsa. Bisogna avere una visione diversa».

 «Nell’affrontare il randagismo servono responsabilità politiche chiare su questo problema. È mancata una politica delle istituzioni – spiega Gianluca Felicetti, presidente della Lav – . Serve una figura come un garante degli animali a livello nazionale con poteri effettivi, non per rilasciare interviste. Questo permetterebbe di dover dire qual è l’obiettivo nei prossimi 2, 3 o 5 anni così come si ha in tanti altri temi. Altro problema è il censimento dei cani e gatti randagi: pensare di fare una politica senza parte da dei numeri diventa complicato. Eppure continuano a esserci regioni che continuano a non fornire questi dati al ministero della Salute. Il randagismo poi è un costo elevato per la comunità, perché il cane non è solo una risorsa, ma anche un costo: se per ogni cane venisse pagata la tariffa minima prevista dal ministero della Salute, i famosi 3,5 euro come prevede la legge, moltiplicati per i numeri che ci dà lo stesso ministero noi arriviamo a una spesa di circa 80-100 milioni di euro all’anno che ricade sulle amministrazioni comunali. C’è poi il problema dell’Iva che per gli animali viene applicata quella dei beni di lusso, un’impostazione che dovrebbe cambiare per uno Stato che vuole passare dallo slogan “Adotta un animale” a uno in cui si dica “Adotta un animale e io ti metto in condizione di tenerlo al meglio con delle piccole facilitazioni”».

«Siamo consapevoli che tra pandemia e guerra sarà un estate problematica. Come dobbiamo fare tutto perché non sono gli animali a rimetterci. Sono a Palermo una volta al mese perché ho il processo e ci sono affezionato. Non voglio che Palermo sia conosciuta come capitale del randagismo. L’impegno è di evitare un’estate di abbandoni indiscriminati. C’è la crisi, la gente prende  un animale e poi si accorge che non è un hobby ma una convivenza. Bisogna che i sindaci a facciano il loro lavoro e spronare le Asl per le sterilizzazioni. Nella prossima manovra economica penseremo a supportare le associazioni e andare a individuare realtà che utilizzano animali per fare business e commercio indiscriminato». A dirlo è il leader della Lega Matteo Salvini in collegamento video a termine della tavola rotonda aggiungendo: «Lavoriamo perché l’Italia nei prossimi anni si rimetta in moto e pensiamo anche ai nostri compagni di vita. Faremo il possibile per evitare che un’ opportunità si trasformi in dramma. C’è una legge di 30 anni fa che va cambiata. Noi di alcuni temi non parliamo solo due mesi prima del voto. E’ una questione di civiltà. E’ la vicinanza tra associazioni, il volontariato fondamentale e la politica».

 

 

 

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