Orsa in fin di vita salvata dal laccio di un bracconiere al Parco Nazionale d’Abruzzo

L'orsa è stata avvistata con il cappio al collo dall'Associazione Salviamo l'Orso, che monitorava l'esemplare.

Immagine di Parco Nazionale d'Abruzzo

Questione di pochi giorni e l’orsa sarebbe morta soffocata con il laccio che le stava gradualmente tagliando il collo in profondità. A riportare la notizia è il Parco Nazionale d’Abruzzo che con una corsa contro il tempo ha liberato l’esemplare dal marchingegno che la stava uccidendo.

La povera orsa girava con il laccio di acciaio già da novembre scorso ma gli appostamenti per cercare di catturare l’animale, non avevano dato buoni risultati. Con l’uso delle videotrappole, i Carabinieri Forestali nel mese di agosto hanno individuato l’orsa.

Sono stati immediatamente allestiti diversi siti di cattura e venerdì  23 settembre si è avuta la certezza che uno di questi era stato frequentato dall’orso con il laccio. La squadra di cattura del Parco,  composta dal veterinario, dai tecnici del servizio Scientifico e dalle Guardie del servizio di Sorveglianza, si è immediatamente attivata per la cattura, ma ci sono voluti 6 giorni di appostamenti consecutivi per portare a termine l’operazione. 
La scorsa notte è stata catturata l’orsa che presentava una corda d’acciaio, tipicamente usata dai bracconieri, e un’ampia ferita al collo causata dal laccio che, legato a cappio, aveva iniziato a incidere i tessuti sottostanti. Il Veterinario del Parco ha provveduto a liberare l’orsa dal laccio, a curare la ferita e a somministrare i farmaci necessari. Le operazioni di cattura si sono svolte senza alcun problema per l’animale. Si tratta di una femmina di orso, di oltre 10 anni e del peso di circa 80 Kg.

 Il quadro rilevato dal veterinario  e il trattamento effettuato (rimozione laccio, pulizia e disinfezione locale e terapia generale), hanno permesso l’emissione di una prognosi favorevole, risolvibile in 2-3 settimane, e quindi l’animale è stato rilasciato sul posto della cattura, con intensificazione del monitoraggio foto-video per valutare l’evoluzione.  

Il Servizio di sorveglianza ha inviato la notizia di reato alla Procura di Cassino, competente per territorio. I cavi d’acciaio, del tipo rinvenuto sull’orsa, infatti, vengono generalmente utilizzati dai bracconieri, che li pongono lungo punti di passaggio della fauna selvatica attendendo che un animale rimanga intrappolato al collo.  Probabilmente l’orsa, nel momento in cui era rimasta imprigionata nella trappola dei bracconieri, era riuscita a rompere l’ancoraggio del cavo d’acciaio liberandosi, mentre non è poi riuscita a sfilarsi lo stesso dal collo. Il cavo di acciaio le aveva provocato una profonda lesione che l’avrebbe certamente condotta a uno stato sempre maggiore di debilitazione e quindi a una probabile  morte prematura. 

“Questo episodio – afferma il Presidente del Parco Antonio Carrara – è di una gravità inaudita. La pratica di apporre lacci per bracconare animali di grossa taglia è purtroppo ancora molto frequente: l’animale che vi rimane intrappolato muore di solito per soffocamento, per gravi amputazioni o per le estese e profonde ferite riportate.  Se da una parte il salvataggio di questa femmina di orso bruno marsicano ci rende orgogliosi e ci spinge a lavorare ancora con maggiore tenacia per la tutela e la conservazione di questa specie gravemente minacciata proprio da cause direttamente o indirettamente legate all’uomo, dall’altra non possiamo non denunciare la necessità di azioni più incisive per prevenire e reprimere la pratica del  bracconaggio  che mette continuamente a rischio la sopravvivenza degli orsi”.

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