Nicora, fondatore di Bioetica: mangiare agnello non ha nulla a che vedere con le tradizioni religiose

La tradizione del consumo di agnello a Pasqua non è cristiana. I cristiani copiarono il rito dalla religione ebraica che a sua volta lo copiò dai pastori che fecero una scelta pagana e indipendente dalle religioni.

Il cristianesimo copiò il rito della celebrazione della Pasqua con il sacrificio dell’agnello, dalla religione ebraica ma gli ebrei fraintesero gli scritti di Mosè. I cristiani, a loro volta copiarono l’ebraismo per questioni di interesse e non per fede. A spiegarlo nel suo sito è il fondatore dell’Istituto Italiano di Bioetica Gianfranco Nicora. Nicora nell’interpretare le scritture sacre, spiega a chiare lettere il fatto che Gesù celebrò la Pasqua senza cibarsi di agnello. 

Quando Mosè programmò la fuga del suo popolo dall’Egitto, disse – “Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenne” – Esodo 12, versetto 11. “Questa è la Pasqua del Signore” – versetto 14.  In questi due versetti Mosè istituisce dunque la Pasqua ebraica.

Gli ebrei uccisero un agnello, consumarono il pasto in piedi con il bastone, pronti per la partenza, e segnarono con il sangue dell’animale le porte delle abitazioni. Così facendo tutti i primogeniti ebrei si sarebbero salvati dalla decima Piaga (che prevedeva l’uccisione di tutti i primogeniti, umani ed animali), quella che avrebbe convinto il Faraone a lasciar andare via gli israeliti.
 
Ma nei versetti successivi indica cosa avrebbero dovuto fare gli ebrei per celebrare tale memoriale, e il cibarsi di agnello non è menzionato. Mosè infatti ordina di mangiare azzimi, per 7 giorni ma non l’agnello. Mosè non vieta di mangiarlo l’8° giorno, ma neppure lo prescrive.

L’usanza di mangiare agnello risale a popolazioni semi-nomadi

I riti che stanno all’origine della Pasqua Ebraica (detta “pesah”, ovvero agnello) si rifanno in realtà ad un’antichissima celebrazione familiare di tipo pagano con la quale i pastori solennizzavano l’inizio del nuovo anno,  immolando i primi nati del gregge, il cui sangue veniva impiegato a scopo propiziatorio per proteggere pastori e greggi da influenze demoniache.
Dunque si tratta di una usanza pagana, che, come è accaduto di sovente nella storia umana, è stata rielaborata all’interno di una fede religiosa.

Le vere origini della Pasqua Cristiana

La Pasqua cristiana fu istituita per preciso volere dell’imperatore Costantino I nel 325 d.C. con il Concilio di Nicea. Costantino si trovava in quegli anni con un mondo cristiano nel quale si stava consumando una faida, tra la scuola di pensiero che faceva capo ad Ario, che considerava Cristo come umano, e la scuola classica di Alessandria, che invece premeva perché Cristo fosse ritenuto di natura divina, “della stessa sostanza del padre”.

L’impero romano era vicino al collasso, per le fortissime spinte  dei paesi periferici, che volevano una sempre maggiore indipendenza.
Costantino vide nel Cristianesimo un nuovo strumento per tenere unito l’Impero. Se in tutto l’Impero fosse diventato pensiero dominante che tutti gli umani erano fratelli, come insegnava il Cristianesimo, allora sarebbe stato più difficile alzare la spada contro Roma per ottenere maggiore indipendenza.
Il Consiglio di Nicea stabilì la natura divina di Cristo ed istituì la celebrazione della Pasqua. Le feste con il consumo di cibo, l’imperatore lo sapeva bene, erano un modo per conquistare il popolo.

Costantino non solo era estremamente mutevole nelle sue posizioni (inizialmente vicino alla scuola classica di Alessandria finì con gli anni per appoggiare le tesi di Ario), e insieme alla Chiesa  lasciarono decidere il popolo che autonomamente inserì nella Pasqua Cristiana il rito pagano di mangiare carne di agnello. 
L’usanza di mangiare l’agnello a Pasqua per i cristiani, dunque, è un rito “copiato” dall’ebraismo.

Per gli agnelli uccisi per la Pasqua non c’è pietà, nulla di meno cristiano

Il 60% degli ovini macellati in Italia viene ucciso nel periodo di Pasqua. Quello che viene taciuto è che per gli agnellini non c’è pietà. In Italia vengono macellati circa 3 milioni e mezzo di agnelli. Ma quello che fa indignare è il trattamento riservato alla loro seppur breve vita: non è permesso loro di brucare erba per far mantenere la carne più buona, e per questo sono tenuti rinchiusi.

Nel periodo pasquale il carico di lavoro per le catene di montaggio dei macelli è talmente alto che può capitare che si salti il processo di stordimento degli animali, obbligatorio per legge: in questo modo gli agnelli si rendono conto di tutto quello che accade loro, dai rumori dei macchinari ai lamenti strazianti dei loro simili in fin di vita e che a loro volta dovranno patire.
Gli agnelli vengono appesi per una zampa sui nastri trasportatori, in una raccapricciante posizione innaturale e viene tagliata loro la gola e si attende che muoiano dissanguati mentre sono tenuti a testa in giù per permettere al sangue di defluire all’esterno del corpo, con l’animale che, in assenza di stordimento, si contorce e lancia grida acutissime.

Questo abominio non può essere compiuto in nome di Dio! Chiunque può rendersene conto!

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