Oggi vogliamo agire d’anticipo, se ancora siamo in tempo, su una questione che ci preoccupa da molto, qualcosa che è ben più di una semplice ipotesi e che presto o tardi potrebbe diventare una mossa di mercato calcolata per raggiungere anche la fetta di consumatori in teoria più attenti.
Perché – è doveroso premettere, per l’ennesima volta – per il mercato ognuno di noi non rappresenta altro che un consumatore, una pedina che può determinare la fortuna o la disgrazia di una data industria.
Ognuno di noi, suo malgrado, consuma determinati prodotti che possono avere in termini ambientali, animali e sociali maggio o minore impatto. Ed è esattamente questo il punto, la strada che vogliamo e possiamo decidere di percorrere: alimentare il sistema dall’interno accettando di finanziare presunti cambiamenti elargiti da quelle stesse multinazionali che, i problemi, li hanno creati oppure prendendo le distanze da quel sistema di sfruttamento che punta esclusivamente a reclutare nuovi schiavi, dentro e fuori dalle gabbie.
Da molto tempo nutriamo preoccupazione in merito all’eventualità che mostri dello sfruttamento globalizzato come McDonald’s, Burger King, KFC e marchi della grande distribuzione come Nestlé, Ferrero, Unilever, Findus, Barilla etc., possano introdurre sul mercato linee di prodotti spacciandoli per vegan e nonviolenti. In questi ultimi tempi sono già stati effettuati biechi tentativi da parte del mercato di insinuare consumismo e capitalismo all’interno del movimento vegan antispecista, allo scopo di ridurre il tutto a una corsa agli scaffali dei supermercati alla ricerca di quel prodotto industriale che possa “risolvere la vita”.
Ma questa non è una concezione sana del veganismo e, soprattutto, dell’antispecismo, in quanto implica allo stesso modo una dipendenza da quei canali di produzione e di distribuzione che sono alla base degli atti di violenza che si tentano di combattere. Per questo, da tempo, sosteniamo con forza la nostra piena contrarietà alla preoccupante eventualità che McDonald’s e simili possano introdurre nei loro punti vendita un’alternativa vegan falsamente nonviolenta.
Dovrebbe bastare sentir nominare McDonald’s per giustificare la contrarietà a questa eventualità e altrettanto dovrebbe essere sufficiente perché chiunque si definisca vegan o antispecista condivida una simile posizione, ma secondo quanto constatato di recente purtroppo dobbiamo affermare che la reazione di una parte del movimento non è così scontata.
Invece di restare uniti e fare la vera rivoluzione per una vera liberazione e sferrare il decisivo colpo di grazia a un’industria della carne e dei derivati sempre più in crisi, oggi che siamo sempre più pare che alcuni preferiscano “indottrinare il mercato” quasi nel desiderio di ottenere la veganizzazione dell’industria – senza oltretutto rendersi conto di ottenere invece l’industrializzazione del veganismo.
Ma non era questo lo scopo alla base della lotta. Gli errori più grandi che possiamo commettere è ritenere la linea di latti vegetali Granarolo, il panino vegan dell’Autogrill o la possibilità di una scelta vegan da McDonald’s come vere e proprie vittorie, come segnali che la società stia veramente cambiando.
Qualcosa sta cambiando, ma nella direzione sbagliata, perché l’intenzione di queste aziende non è quella di cessare con determinate produzioni, gestioni del mercato e standard lavorativi. La sola reazione che può scaturire da un processo di questo tipo è quella di aver offerto l’ennesimo prodotto al consumatore.
L’unica cosa che sta cambiando, in poche parole, è il menu. Tutto questo ridurrà veganismo e antispecismo a mere scelte commerciali, diete, alternative settimanali all’alimentazione, soffocando e cancellando così la loro vera natura che li rende ideali in cui credere e per cui combattere. Se McDonald’s un giorno dovesse uscire con la promozione di un panino vegan, la reazione immediata del movimento dovrà essere di dissenso, disgusto e indignazione. Dopodiché, magari, totale indifferenza, per colpirli nel loro punto debole.
E stiamo parlando di una possibilità che purtroppo potrebbe essere più vicina di quanto immaginiamo, perché il colosso dei fast-food è in crisi di vendite ormai da tempo ed è prevedibile che per risollevarsi possa puntare ad avvicinare una nuova fetta di consumatori, sulla carta ostili.
McDonald’s è il simbolo del consumismo, icona del capitalismo e di quei processi produttivi che stanno mettendo ormai da decenni in ginocchio il Pianeta. Parliamo di uno dei più grandi macellai del mondo, che in Italia viene rifornito dal più grande produttore di carne di manzo del paese e forse d’Europa, Cremonini, azienda emiliana che rifornisce anche diversi supermercati, tra cui Coop, gli Autogrill, i bar e i distributori automatici presenti nelle stazioni ferroviarie e negli aeroporti.
Quello di oggi è il nostro personale appello al movimento antispecista che si comporta come tale, ovvero che si dedica in maniera ugualitaria alla liberazione della Terra, animale e umana, affinché questi colossi dello sfruttamento non vengano fortificati nel loro finto processo di presunta sostenibilità, bensì combattuti affinché i loro crimini possano essere conosciuti da sempre più persone. Per privarli di consumatori, e non offrirgliene di nuovi.
Il momento è delicato e sta a ognuno di noi decidere se accettare di essere assorbito dal meccanismo del mercato restando pedina del sistema o se invece offrire valore e nuova linfa al concetto più puro di antispecismo, che fa della nonviolenza e del rispetto gli aspetti cardine verso la costruzione di una società svincolata da quei processi industriali che generano atti di violenza, e basata invece sulla parità di ogni specie, partendo da quello nei confronti dell’organismo vivente che tutti ospita: la Terra.
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