Caccia, ferme le doppiette nelle zone rosse, pretese dei cacciatori: “ridateci i soldi della tassa”

I cacciatori rivogliono indietro i soldi pagati per la tassa regionale e l'iscrizione ma sono anche soldi di tutti gli italiani contrari alla caccia.

Considerati i periodi di preapertura per la caccia di selezione che viene anticipata al primo settembre, dei posticipi in cui la chiusura della stagione viene spostata al 10 febbraio, della caccia in deroga per alcune specie e le date di caccia effettiva, i cacciatori praticamente cacciano tutto l’anno. 

Se si parla poi di caccia agli ungulati, si può sparare da un’ora prima dell’alba ed un’ora dopo il tramonto malgrado la pericolosità per l’incolumità di chiunque abbia a frequentare boschi e montagne.

Ai cacciatori è permesso cacciare anche durante il periodo riproduttivo, ostacolando il successo dello stesso ed eludendo il valore etico. I cacciatori possono utilizzare richiami vivi per l’attività venatoria con specie prelevate dai nidi e condannate a vita a vivere nel buio in gabbiette anguste favorendo così inimmaginabili traffici delittuosi che interessano, in particolare l’Italia, ed i Paesi dell’Est. 

Richiami vivi

Ma ora come riporta il quotidiano l’Arno i cacciatori delle zone rosse non possono sparare è per questo vanno in crisi. A causa del nuovo DCPM in vigore fino al 3 dicembre per frenare il contagio da coronavirus, sono costretti a tenere a riposo le doppiette e quindi rivogliono indietro i soldi delle tasse pagate. Ogni anno i cacciatori pagano23 euro di tassa regionale, 100 per l’iscrizione all’associazione regionale e altri 100 per la tassa nazionale. 

Danno all’ecosistema o mancanza di divertimento?

Difficile credere che il fermo porti danno al riequilibrio dell’ecosistema. Secondo la LIPU, non si può pensare di risolvere con le armi da fuoco gli squilibri, spesso provocati dall’uomo e talvolta dagli stessi cacciatori. Dobbiamo sfatare il mito che la caccia aiuti a regolare la natura, per due motivi.

Anzitutto, una parte degli squilibri è dovuta proprio alla crisi degli ecosistemi, all’incessante urbanizzazione e alla scomparsa di grandi carnivori come lupi e orsi (peraltro anche a causa della stessa caccia). In secondo luogo l’introduzione di animali estranei ai nostri ambienti naturali per fini venatori (si vedano alcune sottospecie di cinghiali) ha creato danni e gravi squilibri.

E’ impensabile affidare la soluzione a chi in gran parte ha causato il problema. Servono invece buone pratiche, una corretta gestione di habitat naturali e risorse e un serio management ambientale. In concreto dovrebbero essere loro cacciatori a risarcire l’ambiente per i danni che hanno provocato nel tempo.

Vittime della caccia

Parliamo anche delle persone che a causa della caccia hanno perso la vita. L’associazione Vittime della Caccia nel suo dossier sui morti e feriti per armi da caccia specifica che a chiusura stagione venatoria 2019/20 sono state uccise 27 persone e 67 sono state ferite, per un totale di 94 vittime. Un incremento rispetto all’anno precedente, in cui si erano registrati 21 morti e 51 feriti.

Hanno perso soldi per quasi un mesetto? Il mondo invece ha perso molte specie animali a causa della caccia e non sono soldi ma vite che nessuno ci darà più. Gli scienziati e ornitologi incontrano difficoltà nel riconoscimento delle specie, soprattutto in volo. Ma quando è un cacciatore a sbagliare, il danno è devastante, perché le conseguenze sono gli abbattimenti di specie superprotette e non cacciabili, che dunque non dovrebbero assolutamente essere abbattute. A ciò si aggiunga la superficialità con cui talvolta si tengono gli esami di abilitazione e si rilasciano le licenze di caccia.

Sono anche soldi di tutti noi contribuenti

Secondo la LIPU le spese sostenute da Stato, Regioni ed enti locali per gestire la caccia provengono dalla fiscalità, cioè dai soldi di tutti. Le tasse che i cacciatori pagano per svolgere la loro attività non sono sufficienti a coprire tutte le spese né tantomeno a curare i danni che la loro stessa attività, con l’abbattimento di milioni di animali o i ripopolamenti scriteriati, ogni anno comporta.

In pratica quei soldi sono anche denaro di noi tutti che contribuenti e se l’80% degli italiani è contro l’attività venatoria, è giusto chiedere anche a loro se è bene che lo Stato restituisca il costo delle tasse o se invece è meglio dirottarlo in aiuto per gestori di attività che stanno chiudendo. E’ più corretto pensare che il lavoro è una necessità è la caccia no! Per noi rimane solo un grande danno!

LASCIA UN COMMENTO