La Cina afferma che da metà 2016 sarà attiva la più grande azienda di clonazione animale: darà vita ad animali da allevamento e a “modelli malati”.
Era il 1996 quando in Scozia venne creato il primo clone di mammifero: Dolly, la pecora più famosa del mondo.
Non è dovuto passare nemmeno un ventennio perché queste tecniche passassero di Stato in Stato, cercando di soddisfare sempre più i bisogni di un mondo insaziabile che riproduce senza stare troppo a pensare, la vita.
Le grandi industrie mondiali manipolano esseri viventi a piacimento: un embrione clonato viene impiantato nell’utero di una vacca surrogata; durante questo processo, gli scienziati possono manipolare geneticamente gli embrioni per modificare alcuni tratti, come ad esempio la resistenza ad alcune malattie o il tasso di crescita.
Siamo in Cina oggi, alle porte del 2016: questo paese ha appena annunciato che nella città di Tianjin sarà presto pronta la più grande industria di animali clonati. Ma non c’è molto da stupirsi: questo tipo di attività infatti avviene già negli Stati Uniti, anche se in scala molto ridotta, e anche in altre aree della Cina. La novità per l’industria che presto prenderà forma consiste nel fatto che non si occuperà solo di animali da allevamento: l’intento è quello di produrre anche dei “modelli malati”, sui quali sarà così possibile fare studi per sperimentare nuovi farmaci.
Varie clonazioni per vari motivi già avvengono in diverse città cinesi e nel resto del mondo, ma questa nuova azienda vuole raggiungere obiettivi importanti: conta infatti di clonare 1 milione di capi di bestiame all’anno, partendo con 100 mila all’anno.
Ovviamente non mancano le critiche: sembra infatti che gli effetti collaterali possano svilupparsi sia nella madre surrogata che nella prole. Non clonare completamente il DNA dell’embrione, infatti, porta a gravi malformazioni per il nascituro. Di conseguenza non è raro che agli animali vengano somministrate dosi di ormoni e antibiotici per garantire la crescita del feto e la sopravvivenza sia della madre che del figlio, con conseguenze indefinite sulla salute umana al momento del consumo.
L’industria afferma inoltre di voler combattere l’estinzione per alcune specie che ne sono a rischio, non limitando quindi la sua azione solo a bovini (per la consumazione) ed a suini (per la sperimentazione).
Una cosa che forse la Cina non sta tenendo in considerazione è l’impatto che questa massiva produzione “concreta” di animali avrà sull’ambiente: infatti, la prima causa di emissioni di anidride carbonica deriva proprio dagli allevamenti intensivi.
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